Le lunghe e dure guerre che avevano scosso l’Europa nel Settecento avevano dimostrato che, se uno Stato voleva conquistare e mantenere un ruolo di prima importanza, era indispensabile che fosse dotato di un esercito stabile, numeroso e ben addestrato. Questo però costava molto denaro. Era necessario quindi che i sovrani fossero in grado di procurarsi delle risorse economiche sempre maggiori. Fu necessario quindi attuare delle riforme che garantissero la possibilità di imporre tasse ai sudditi e garantire che venissero pagate. L’imperatrice austriaca Maria Teresa d’Asburgo, salita al trono nel 1740, si rese conto che per ottenere questo risultato era necessario riorganizzare il suo regno. Esso era composto da un insieme di regioni molto diverse tra loro: l’Austria, la Boemia, l’Ungheria e il Ducato di Milano.
L'Europa nel 1740 |
Ciascuna di esse versava al sovrano tributi diversi che venivano concordati di anno in anno. Perciò il governo di Vienna non poteva fare affidamento ogni anno sulla stessa somma di denaro e ciò rendeva impossibile fare progetti a lunga scadenza. Una prima riforma elaborata da Maria Teresa prevedeva che i territori sottomessi dovevano concordare i contributi fiscali non più una volta all’anno, ma ogni dieci anni.
Un altro problema consisteva nel fatto che le tasse ricadevano praticamente solo sulle spalle dei contadini e degli abitanti delle città. Il clero e l’aristocrazia, infatti, pur possedendo territori molto estesi pagavano molto meno o, addirittura, non pagavano nessuna tassa. Un obiettivo dell’imperatrice era quello di costringere anche questi ceti privilegiati a contribuire alle spese del regno.
L'imperatrice Maria Teresa d'Austria |
Come aveva fatto Luigi XIV in Francia, Maria Teresa e i suoi ministri organizzarono un corpo di funzionari fidati inviati dalla sovrana nelle varie province per riscuotere le tasse e amministrare la giustizia. A essi era assegnato uno stipendio statale e dovevano sottoporsi ad una adeguata preparazione professionale. Grazie a queste riforme, in pochi anni le entrate fiscali dell’Impero aumentarono del 60%.
Maria Teresa cercò anche di migliorare le condizioni dei contadini, che era molto dura, in quanto esisteva ancora la servitù della gleba. Emanò una legge che riduceva il numero dei giorni nei quali essi erano obbligati a lavorare gratuitamente (corvè) per gli aristocratici padroni delle terre.
Tuttavia non riuscì ad imporre queste riforme in tutto il regno. In alcune parti del regno il potere degli aristocratici era troppo forte. Nel 1765 Maria Teresa chiamò a governare accanto a sé il figlio Giuseppe II. Essi governarono insieme fino al 1780, anno di morte dell’imperatrice.
Giuseppe II |
Il nuovo sovrano continuò la politica della madre con ancora maggior decisione. Una delle riforme più importanti fu la compilazione dei CATASTI: si trattava di misurare l’ampiezza di tutte le proprietà terriere del regno per stabilirne il valore. Questa indagine serviva per stabilire quale quota di tasse ciascun proprietario avrebbe dovuto versare allo Stato in base alla propria ricchezza. L’imperatore era infatti deciso a cancellare ogni privilegio di cui godevano clero e aristocratici: nessuno doveva essere esentato dal pagamento delle imposte.
Giuseppe II ABOLI’ LA SERVITU’ DELLA GLEBA anche nelle province in cui era sopravvissuta. Da un lato il sovrano voleva alleggerire l’oppressione che gravava sui sudditi più deboli. Dall’altro, calcolò che se le condizioni economiche dei contadini fossero migliorate, sarebbe stato possibile esigere tasse più elevate.
Giuseppe condusse una lotta molto dura contro i privilegi della Chiesa. Questa sua politica venne chiamata GIUSEPPISMO. Nel Settecento, nei regni cattolici (come l’Austria), la volontà dei re spesso si scontrò con quella della Chiesa. Spesso i sovrani erano favorevoli alla circolazione delle opere dell’Illuminismo, soprattutto quelle che sostenevano le loro opere di riforma senza mettere in discussione la loro autorità (si pensi alle teorie di Voltaire sul despotismo illuminato). La Chiesa, tuttavia, poteva vietarne la diffusione inserendole nell’Indice dei libri proibiti.
Un altro motivo di scontro riguardava il diritto d’asilo: se un suddito che aveva infranto una legge dello Stato si rifugiava in una chiesa o in un convento, riceveva protezione e non era più possibile arrestarlo. Le autorità religiose avevano fissato numerose feste religiose per celebrare i santi e le ricorrenze. In queste giornate i fedeli non solo avevano l’obbligo di partecipare alla messa e alle processioni, ma, se non volevano commettere peccato, dovevano evitare di lavorare. Per lo Stato questo era un danno economico: meno si lavorava, meno si produceva, meno tasse si potevano pagare allo Stato. La maggior parte dei monasteri e dei conventi in cui vivevano i religiosi rappresentava uno spreco agli occhi dei sovrani. Possedevano vaste terre e spesso non pagavano alcuna tassa. Inoltre queste terre erano spesso coltivate in modo arretrato, rendendo molto meno di quanto avrebbero potuto.
Giuseppe II tolse alla Chiesa il potere di censura (cioè di decidere quali libri dovessero essere vietati) e lo assegnò allo Stato. Limitò il diritto di asilo e cancellò dal calendario alcune feste religiose. Mise sotto controllo la formazione dei religiosi: dovevano studiare in seminari gestiti dallo Stato in modo da trasformarli in sudditi preoccupati di fare prima gli interessi dell’Austria che quelli della Chiesa di Roma. Chiuse molti conventi (circa un terzo di quelli esistenti) e si impadronì dei loro beni.
Per quale motivo i sovrani austriaci intrapresero queste iniziative? Essi giudicavano che le ricchezze dei monasteri potessero essere utilizzate per finanziare attività utili per tutta la popolazione. Gli edifici che prima ospitavano i religiosi furono trasformati in ospedali, orfanotrofi e ricoveri per anziani. Una parte delle ricchezze così incamerate vennero utilizzate per aprire scuole. Nel 1774 Maria Teresa aveva reso obbligatoria l’istruzione elementare per tutti, ricchi e poveri. Fu organizzata una scuola in ogni parrocchia, mentre in ogni capoluogo di provincia si trovavano gli istituti in cui dovevano studiare i futuri maestri.
Inoltre Giuseppe II si sforzò di migliorare l’ economia del proprio regno aprendo manifatture, facendo costruire nuove strade e abolendo le dogane in modo da favorire il commercio.
Un’altra importantissima iniziativa del sovrano fu l’emanazione della PATENTE DI TOLLERANZA. Con questo documento concesse a tutti coloro che non professavano la religione cattolica (luterani, calvinisti, ortodossi) di praticare liberamente il proprio culto. Furono cancellate anche molte discriminazioni contro gli ebrei. LO STATO NON DOVEVA FARE DISTINZIONI TRA I SUDDITI IN BASE ALLA RELIGIONE. L’istruzione, la tolleranza, la felicità pubblica, il progresso erano parole d’ordine dell’Illuminismo che il sovrano si sforzò di realizzare nel proprio regno.
Sempre ispirato agli ideali dell’Illuminismo, Giuseppe II fece approvare un nuovo CODICE PENALE: esso proibiva l’uso della tortura come mezzo per ottenere le confessioni dei sospettati.
Tuttavia molte delle riforme giuseppiane ebbero vita breve. I ceti privilegiati erano fortemente scontenti, ma anche tra i contadini c’erano motivi di malcontento. E’ vero che essi avevano ottenuto alcuni miglioramenti. Tuttavia le loro condizioni di vita rimanevano dure e alcune riforme le avevano addirittura aggravate: la riduzione delle feste religiose li costringeva a lavorare di più, mentre la chiusura dei monasteri li privava di un’istituzione che spesso svolgeva il compito di dare assistenza alle persone più bisognose.
Quando, nel 1790, Giuseppe II morì scoppiarono numerose rivolte guidate dalla nobiltà. Per riportare la calma, il nuovo sovrano, Leopoldo II, fratello di Giuseppe, fu costretto ad annullare molte delle riforme del suo predecessore.
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